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BASSES GORGES DU VERDON

 

BASSES GORGES DU VERDON - Maggio 2010

 

Non si trova molto materiale per organizzare da casa un giro sulle basse gole del Verdon. Oltretutto, dando un’occhiata su Google Earth non si riesce nemmeno a capire se le tre dighe che si incontrano sul percorso siano o meno trasbordabili. Alla fine dei ragionamenti ci rassegniamo a fare un sopralluogo al momento della discesa e decidiamo di fare un unico campo sulla metà del percorso a Quinson, dove sembra ci sia un tranquillo campeggio in riva al fiume, proprio all’inizio delle Basses Gorges.

Per cui partiamo al seguito del gruppo greco di Nicoletta diretto a Marsiglia per il consueto seminario di cinque giorni, con l’intenzione di scendere la parte più tranquilla del Verdon e recarci poi a Marsiglia per la gran festa del sabato sera: maiale arrosto, vino e musica greca!

Partendo naturalmente appena dopo pranzo finiamo per giungere a Quinson all’ora di cena, infilandoci in un nucleo di bassa pressione che ci fa subito pensare al campeggio fradicio, alla possibile tracimazione del fiume ed alla possibilità di deviare subito per Marsiglia e lasciare perdere tutto.

Sarebbe un peccato. Due settimane prima abbiamo effettuato la prima uscita dell’anno, proprio in vista del Verdon, affrontando un tranquillo Livenza anch’esso sceso senza troppe preliminari informazioni…tanto un trasbordo in fiume è sempre fattibile bene o male. Beh! Ci siamo bloccati a Sacile, a circa metà del percorso programmato, per impossibilità di trasbordo se non attraversando con una canoa da 5 metri il centro storico, scalinate, giardini pubblici e traffico del fine settimana.

Comunque, l’inizio dell’esperienza “Basses Gorge du Verdon” non ci fa sperare in una facile prosecuzione dell’itinerario.

Giungiamo in campeggio che già la reception è chiusa per i famosi orari d’oltralpe che mal si addicono al nostro più mediterraneo modus vivendi. Al momento non ci comportiamo da quarantacinquenni scafati ma ci facciamo prendere da remore degne di ragazzini al primo giro fuori casa. Ragioniamo se sia corretto piantare le tende anche se non siamo riusciti a registrarci, ci facciamo una serie di problemi pensando al giorno dopo in cui scopriranno i soliti due italiano abusivi ed intanto, dato in cielo nero incombente, vediamo se ci sono alcuni bungalows da affittare. Alla fine la fame prende il sopravvento e facciamo un giro per il campeggio in cerca di una piazzola non troppo vicina a quel gruppo di ragazzotti francesi che possono rivelarsi, nella notte, una bomba rumorosa ad orologeria.

Troviamo un posto tranquillo dall’altra parte del gruppo servizi rispetto ai ragazzotti, nei pressi di tranquilli bungalows abitati da anziani bradipi la cui unica possibilità di creare fastidiosi rumori risiede nel ciabattìo notturno e mattutino per accedere alle docce.

Approfittiamo di una tregua nell’inizio di un probabile violento temporale primaverile per montare le tende e predisporle alla notte in modo da poterci infilare subito nei sacchi a pelo non appena tornati dalla cena.

Il punto in cui è situato il campeggio è posto fra il Barrage de Quinson, che forma un primo tratto delle gole, e l’inizio effettivo delle Basses Gorges che si interrompono con il Lac d’Esparron. Il luogo è impressionante, si tratta di una stretta vallata che attraversa perpendicolarmente, da nord a sud, il tracciato del fiume. La vallata si trova alla quota del fiume ed è racchiusa da alte falesie rocciose che costituiscono il massiccio roccioso scavato nel tempo dal Verdon.

Il fiume viene fermato dallo sbarramento a monte, realizzato fra due costoni di roccia alti un centinaio di metri. La diga si erge con potenza contrastando la pressione dell’acqua con un arco in cemento armato che sovrasta il laghetto sottostante e inquieta non poco con il sottile ronzio delle turbine che sfruttano i salti di quota per produrre energia elettrica. Tutti gli sbarramenti sono proprietà dell’EDF, l’ente nazionale francese per la produzione di energia elettrica, e sono stati realizzati proprio in quest’ottica: formare dei bacini idroelettrici, con laghi e stazioni turistiche, imbrigliando questo incredibile corso d’acqua la cui potenza, nei millenni, ha vinto la durezza della pietra, scavandosi un percorso che dalle Alpi lo porta a mischiarsi alla Durance per poi giungere al mare.

Pausa pranzo appena partito da Toulouse
Vista verso lo sbarramento di Quinson

A valle dell’avvallamento del campeggio si trova invece l’ingresso alle Basses Gorges, uno stretto passaggio roccioso con vette che si ergono oltre i 150 metri sul fiume. Il ponte stradale che collega Quinson con il resto del mondo sembra una cornice realizzata apposta per evidenziare la potenza del luogo: le pur ragguardevoli dimensioni di quest’opera umana costata fatica e impegno al cospetto, quasi come si inchinasse, di un monumentale ingresso naturale ad un labirinto di pareti rocciose erose dalla potenza del fiume, ora domato e ridotto ad un placido canale.

Pausa pranzo appena partito da Toulouse
Il ponte de Quinson

Pausa pranzo appena partito da Toulouse
L'inizio della gola dal ponte di Quinson

La forza del luogo viene ampliata dalle basse nuvole che ci impediscono quasi di scorgere le cime dei monti circostanti, il perfetto effetto cinematografico per una storia epica o fantastica ambientata in luoghi selvaggi e primitivi.

A proposito, il piccolo paesino di Quinson possiede uno spropositato e modernissimo museo della preistoria, un gioiellino di architettura moderna come capita spesso di scorgere in Francia, anche in località remote. Il luogo doveva essere stato abitato nella preistoria e molti sono stati i ritrovamenti archeologici nelle valli e nelle grotte visibili sulle pendici delle gole.

Pausa pranzo appena partito da Toulouse
Il museo della preistoria

Guidati dalla necessità alimentare quotidiana, ci rechiamo nel centro del paese per infilarci nell’unico ristorante, che funge anche da bar, a chiedere se potessero darci da mangiare anche più tardi, verso le 20,30. Accorgimento non da poco dopo l’esperienza del Canal du Midi dove i pochi ristoranti chiudevano assai presto per le nostre abitudini. Dopo la rassicurazione della proprietaria ci fiondiamo in auto per effettuare un sopralluogo al Barrage du Quinson prima che faccia completamente buio. Dal computer di casa avevo osservato l’esistenza di una sorta di scalinata sul lato a valle della diga, che risulta però di impossibile accesso dato che l’EDF ha pensato bene di recintare tutta l’area a ridosso della diga per evitarne l’accesso a tutti, turisti e dinamitardi. Torniamo sui nostri passi per aggirare l’enorme opera idraulica e portarci a monte di essa. Giungiamo ad un campeggio da cui parte l’unico sentiero che sembra indicare una possibilità di risalita dal fiume e ci addentriamo su una strada sterrata che si insinua nel bosco. Il posto è indicato come Camping Naturiste ma con il freddo che fa non ci capita di incontrare neanche una bella campeggiatrice, anzi, non incontriamo proprio nessuno se non un tasso che ci attraversa la strada al ritorno. Giungiamo in vista del fiume che sembra addormentato nei pressi della diga; non un segno di corrente, non un rumore, solo il fastidioso inizio di un bel temporale che comincia ad infradiciare i pochi abiti che ci siamo portati. Non c’è possibilità, come scopriremo anche in seguito dal fiume, di poter risalire e trasbordare la diga. Con la stessa scoperta che faremo dopo cena recandoci presso lo sbarramento di Greoux (a valle del lac d’Esparron) decideremo di scendere i due tratti distinti facendo purtroppo le gole anche al ritorno per riprendere l’auto all’imbarco.

Pausa pranzo appena partito da Toulouse
Vista dell'ansa prima della diga di Quinson

Eccoci quindi tornati a Quincon per vedere se il piccolo ristorante sia ancora aperto. Entriamo e ci troviamo di fronte a quella che potrebbe essere un’osteria della bassa padana, la televisione accesa sulla partita (sembra che il Marsiglia abbia già vinto lo scudetto con qualche giornata di anticipo), la proprietaria che chiacchera con due avventori, il cuoco sulla porta della cucina che si intrattiene con un tipo che conosceremo in seguito. Proprio quello con cui ho parlato in precedenza per cercare di farmi capire sull’orario per la cena. Dovendo chiedere se facessero ancora da mangiare alle 20,30 mi sono sentito quasi a casa quando mi rispondono che alle “octò” si può ancora mangiare. Ma guarda, un termine greco, sarà la vicinanza di Marsiglia, antica colonia greca e dove la presenza di emigrati greci è ancora forte? No, si tratta del tipo strano, già ubriaco, che non si è reso conto di dove aveva posato l’accento. Non appena ha capito che giungevamo dall’Italia si è subito sentito in dovere di rispolverare qualche termine, pochi e pronunciati con tutti gli accenti a caso.

Sarà un caso ma tutti si presentano dicendoci di avere origini italiane, chi da Mondòvi in Piemonte, chi dal Venéto, chi genericamente da l’Italìe. Italia seme dell’umanità o solo mix di popolazioni divise da confini politici? Il fatto ci fa piacere, un po’ meno la perseveranza del tipo strafatto dalla birra, che incomincia un tragico andirivieni dal bancone al nostro tavolo, sputacchiando nella mia birrazza ed alitando sui due piattoni di antipasto freddo. Incomincia con un sonoro “forza Millano” accompagnato con un bel pugno tirato all’aria dal basso verso l’alto per indicare la sua conoscenza delle squadre di calcio della nostra città. Io glisso e lascio a Massimo l’onere di chiacchierare allegramente con il tipo.

La conversazione non si tiene su un piano propriamente civile e culturalmente elevato, data la scarsa capacità del tipo di finire un discorso prima di iniziarne un altro. Tutti comunque incentrati sulle sue origini italiane, di una certa “gran mére” che abitava a Mondòvi e che poi è andata a fare qualcosa a “Millanno” (nell’estremo tentativo di spiegarci ciò abbiamo anche rischiato che si piazzasse al nostro tavolo per rimuginare con calma). Prosegue poi confidandoci ad alta voce che tutte le volte che si recava a “Millanno” per vedere la partita lo faceva in Mercedes percorrendo non si sa bene quale strada a 180 chilometro orari. A questo punto, e sul fatto è ritornato più volte nella serata, è scattato indietro di colpo e, con un grandioso gesto dell’ombrello, getta la testa indietro e sputacchia un “fancullo carabbinierri!” come per farci velatamente sapere che è uscito indenne dalle sue corse pazze a rincorrere un pallone.

Riusciamo in qualche modo, negli intervalli in cui il tipo torna al bancone a rifornirsi, a proseguire la cena con un bello stufato di maiale ed una bisteccona al sangue per Massimo, oltre a quattro formidables alla spina.

Distrutti dal viaggio, dall’attesa sconfortante di una brutta giornata meteorologica per l’indomani, e soprattutto dalla stressante conversazione, riusciamo a terminare la cena, pagare ed andarcene in campeggio.

Temporale maestoso durante la notte e gran sorpresa mattutina di trovare la tenda assolutamente asciutta.

 

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VERDON
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Primo tratto
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