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FOURNI 2011

 

Agosto 2011

A Fourni alloggiamo in due stanze economiche in paese al di sopra di un bar pasticceria.

Le previsioni sono pessime e danno sette Beaufort di vento previsti per i prossimi giorni. Dato che oggi ne prevedono soltanto quattro decidiamo di partire subito dal porto con la Klepper doppia per superare lo stretto con l'isola Kisiria, chiamata anche Diapori, in un ribollire d'acqua ed onde. Superato il passaggio largo qualche metro è subito la pace, rimane solo un poco di vento ma senza onde. Dato che non sappiamo quando inizierà il rinforzo di vento previsto decidiamo di girare ad ovest e costeggiare Kisiria per raggiungere Thymena, la seconda isola per dimensione del piccolo arcipelago di Fourni.

Kisiria è deserta e desolata. Osservando sulla carta la sua forma stretta ed allungata da nord a sud è come se l'isola fosse stata “stirata” dalla forza del meltemi che in questo punto rinforza incanalandosi fra le alte cime di Fourni e Thymena.

Passiamo la punta meridionale per risalire sottovento la costa occidentale costituita da una roccia bianca a lastroni leggermente inclinati. Riusciamo a sbarcare per salire sul costone centrale in modo di avere una visione completa dell'isola. Tutta la superficie è composta di rocce e sporadica macchia bruciata dal sole e l'unica baia, aperta verso nord, è un ricettacolo di spazzatura e di qualsiasi cosa possa essere trascinato dal mare.

Panoramica della spiaggia di Mesachti
Sbarco sulla rocciosa Kisiria

Risaliamo in canoa e continuiamo sottocosta fino a giungere di fronte alla baia di Keramidhou. Passiamo, con una leggera corrente marina da nord, il canale Korsei che divide Kisiria da Thymena per raggiungere la piccola baia. Un piccolo promontorio divide la baia in due spiagge di cui è molto bella quella a sud in cui si trova una taverna con quattro stanze soprastanti e pochi tavolini sotto i tamerici direttamente sulla spiaggia.

Panoramica della spiaggia di Mesachti
Parte settentrionale di Keramidhou

Come quando si ferma l'immagine su un fotogramma vedo i filiformi tamerici, alberi sottili e delicati ma dai fusti contorti dalla forza del vento, offrire un naturale riparo ad una compagnia di persone, uomini e donne, seduti intorno ad un tavolo con la classica tovaglia in carta dagli angoli svolazzanti. Le figure scure sul fondo chiaro della spiaggia sembrano immobilizzate all'interno della macchia d'ombra mentre tutto intorno lo scarso vento lascia spazio all'azione cuocente del sole.

Panoramica della spiaggia di Mesachti
Parte meridionale di Keramidhou

Sbarchiamo sulla prima spiaggia, più tranquilla, per incamminarci su una scalinata in cemento, una colata di bianchi gradini che corre in salita verso la sommità del promontorio che separa la baia da quella del porto di Thymena. La scalinata sembra semplicemente appoggiata al terreno, fra cespugli spinosi e mirti verdeggianti, come si può stendere una passatoia per indicare il percorso da intraprendere. Sulla cima del promontorio ci si trova ad abbracciare con la vista gran parte della costa orientale di Thymena dalla punta a nord del porto a punta Halara, estrema propaggine meridionale dell'isola. Proseguiamo verso la chiesa di Ag.Dimitrios costruita sul punto più elevato e circondata da un muro in cemento colorato di bianco ed azzurro. Qui ci fermiamo ad osservare la vista precedente rendendoci conto dell'esiguità delle dimensioni del nostro mezzo di locomozione rispetto alla distanza percorsa ed all'immensità dello spazio marino all'orizzonte.

Panoramica della spiaggia di Mesachti
La salita alla collina

Panoramica della spiaggia di Mesachti
Vista verso nord fino con il paese di Thymena

Panoramica della spiaggia di Mesachti
Vista verso sud fino a punta Halara

Panoramica della spiaggia di Mesachti
Mura della chiesa di Ag.Dimitros

Panoramica della spiaggia di Mesachti
La canoa sulla spiaggia di Keramidhou

Scendendo per la stessa scalinata ci dirigiamo direttamente verso la taverna intravista in canoa notando una situazione curiosa appena all'interno della spiaggia. Un greco ingegnoso, ma poco esteta, ha recintato un piccolo terreno soleggiato con un basso muretto e ci ha piazzato dentro di misura una roulotte. Come sia riuscito a trasportarla non si riesce proprio a capire data la mancanza di una vera e propria strada. Sta di fatto che si è sistemato comodamente con un tavolino all'ombra della sua casa mobile con vista mare.

Sui tavoli della taverna ora i gruppi di persone sono tre, di cui due italiani ed uno solo greco. Spesso capita, in queste situazioni al limite dell'assurdo come la presenza insperata di una taverna ombrosa su un'isola semidisabitata e priva di alberi, che ci si debba adattare a mangiare quello che passa il convento. E questa volta sembra che per il convento sia giorno di festa. Oltre alla onnipresente koriatiki e due birre gelate, siamo riusciti a mangiare una introvabile zuppa di pesce, anche se con una percentuale esagerata di brodo in cui nuotano radi pezzi di polpa.

Dopo il necessario abbiocco all'ombra sulla spiaggia ripartiamo con l'intenzione di continuare il giro di Thymena dato che abbiamo l'impressione che il vento non sia aumentato. Seguendo la cartina vediamo che non ci sono approdi fino ben oltre al superamento di capo Trachili e decidiamo di tagliare il golfo di Kopria per risparmiare un po' di strada. Raggiungiamo capo Halara e capo Skali per trovarci a metà del percorso verso capo Trachili rendendoci conto che dall'altra parte dell'isola il vento ha ripreso a soffiare forte. Dalle numerose vallette costiere si vedono scendere fino al mare folate di vento che si esauriscono in mezzo alla baia ma non prima di raggiungerci e renderci difficoltosa la pagaiata. Facciamo il punto della situazione fermandoci a galleggiare su un mare blu scuro ed estremamente calmo nonostante le folate improvvise. Siamo ormai a pomeriggio inoltrato e sebbene non accusiamo segni di stanchezza siamo sicuri che lo sforzo che dovremmo fare per combattere il vento una volta superato il capo possa andare oltre alla nostra forma fisica scarsamente allenata, si tratta dopotutto della prima vera e propria uscita estiva. Ci fermiamo ancora un po' per riprenderci dall'ennesima delusione di non riuscire a completare il periplo di un'isola, come già successo nel tentativo di Fourni nove anni fa quando fummo fermati dal meltemi dopo capo Asprokavos.

Giriamo la canoa e torniamo sui nostri passi scorrendo con gli occhi una costa estremamente arida e rocciosa che si getta senza preamboli di spiagge nel mare dello stesso colore blu che viene utilizzato nei serramenti e nelle persiane, un blu estremamente greco.

Ripassiamo capo Halara attraversando gli scogli Lemonopetres, impressionanti guglie rocciose come fossero le estremità emerse di enormi iceberg montagnosi sommersi. Facciamo una tirata unica fino all'estremità meridionale dell'inospitale e disabitata Kisiria per mettere la prua contro vento e dirigere verso la baia di Kambi.

Panoramica della spiaggia di Mesachti
Punta meridionale di Kisiria

Panoramica della spiaggia di Mesachti
Verso Kambi sudati e ricoperti di sale

Dopo l'ultimo sforzo, il vento supera il promontorio fra Kambi e Fourni per lambire il mare, ci fermiamo sulla spiaggia di Kambi dove capiamo che non abbiamo molte possibilità anche quest'anno di riuscire a circumnavigare l'isola. Nonostante ciò lasciamo la canoa sulla spiaggia portandola al fianco di altre barche tirate a secco, sapendo che la correttezza di un popolo marinaro ci tranquillizza sull'abbandono del nostro mezzo nautico per pochi giorni. Dopotutto la speranza che le previsioni sul vento possano essere sbagliate non ci abbandona.

 

Il giorno dopo c'è ancora troppo vento. In tarda mattinata già soffia forte nella baia di Kambi tanto che non si riesce a raggiungere il seguente golfo di Aspa. Lasciamo la canoa sulla spiaggia e torniamo su a piedi per incamminarci in direzione di Petrokopio. A metà strada si vedono la baia di Aspa ed Elidaki con le piccole spiagge che da lontano sembrano sempre splendide, di sabbia e ghiaia fine e fondo di sabbia, poi quando ci si arriva spesso si resta delusi dai ciottoli scomodi sia sulla spiaggia che in mare.

Panoramica della spiaggia di Mesachti
Spiaggia isolata

Petrokopio è invece particolare, ha due spiagge in ciottoli con fondo sabbioso, la prima soleggiata e l'altra con una bella fila di tamerici. Fra le due una piccola punta rocciosa, superabile a piedi, con una cava di marmo abbandonata ed alcuni pezzi abbozzati lasciati sulla spiaggia.

Panoramica della spiaggia di Mesachti
Petrokopio

Panoramica della spiaggia di Mesachti
La cava di marmo di Petrokopio

Panoramica della spiaggia di Mesachti
Pezzi di marmo sbozzati ed abbandonati

Chi ha lasciato questo lavoro abbozzato? Rocchi di colonne, pezzi squadrati come fossero sarcofagi pronti da essere scavati e decorati all'esterno. Penso alla difficoltà di staccare dalla montagna un blocco di marmo di un metro per due alto circa un metro, ben sbozzato e pronto per la finitura artistica. Quando gli scavatori di queste forme sono stati costretti ad abbandonare questo lavoro appena iniziato, o meglio, realizzato a metà? Sono passati secoli o anche millenni? Sta di fatto che la cava è in una posizione comoda per il trasporto via mare, pur non avendo la baia un molo od un porto e neanche una strada che ci arrivi comodamente. Infatti la strada si ferma all'inizio della baia per proseguire poi con un sentiero pedonale, certo non adatto al trasporto di pezzi di marmo di alcune tonnellate.

Al ritorno passiamo a vedere l'abitato di Plaghia che, nonostante sia segnato con un'estesa macchia gialla sulla buona cartina dell'isola, non esiste, non c'è una strada che l'attraversi perchè è costituita solo da due case ed una enorme distesa di muretti a secco che si perdono giù per il pendio roccioso che guarda Samos.

Torniamo in paese nel tardo pomeriggio per proseguire oltre, vogliamo inseguire il tramonto fino alla spiaggia di Psili Ammos appena a nord di Fourni. La spiaggia è infrequentabile con vento forte, una presenza costante sull'isola di questo periodo. Soffia perpendicolarmente alla spiaggia sabbiosa lanciando microscopici proiettili che operano una completa scartavetratura del corpo asportando pelle morta e pelle viva. Anche qui hanno appena piantato una serie di tamerici a riva con un impianto di irrigazione alimentato da un tubo in polietilene che corre ben visibile a lato della strada sterrata. Ora che rammento, anche sulla piccola spiaggia di Elidaki ho visto da lontano gli stessi piccoli tamerici appena piantati, forse all'interno di un progetto isolano di rendere più confortevole il soggiorno dei turisti sulle assolate spiagge.


In una giornata estremamente ventosa (le previsioni qui non hanno vita tanto difficile, il vento soffia costante tutta l'estate con una forza spaventosa) decidiamo di raggiungere il secondo paese dell'isola per importanza, Chrysomilia, che si trova all'altra estremità, verso nord. Dato che da quando abbiamo deciso di venire qualche giorno a Fourni mi sono ripromesso di fare questo percorso a piedi ci siamo divisi con l'intento di ritrovarci al porto del paese. Io sarei partito a piedi, Massimo si è portato la bicicletta proprio per questo percorso e Nicoletta, non sentendosi pronta alla passeggiata di venticinque chilometri andata e ritorno decide di noleggiare un motorino, sconsigliata da noialtri. Sarà bloccata dalla forza del vento sul passo appena al di sopra del paese e sarà costretta a tornare passando la giornata fra la spiaggia ventosa di Kambi e la pasticceria di Fourni.

Non ho intenzione di prendere la strada principale che gira intorno alla baia del paese per poi scavallare il crinale e portarsi dall'altra parte dell'isola. Preferisco tagliare attraverso il sentiero che viene usato per raggiungere la chiesa di Panaghia in posizione panoramica sulle pendici della montagna dominante la baia. Se non si conosce l'inizio del sentiero si rischia di prenderne uno dei tanti che si arrampicano fra le pietre e la macchia bruciata dal sole per poi trovarsi ai vari bivi a decidere quale strada prendere. Sarò stato anche sfortunato, ma mi sono imbattuto in due recinti per capre, in muretti a secco, dove ho dovuto entrare aprendo e richiudendo alle spalle cadenti cancelletti in legno; li ho attraversati su scomodi sentieri scorticandomi gli stinchi ed in un caso aprendomi la strada calpestando cardi e cacche di capra a profusione. Alla fine, chiuso l'ultimo cancello mi ritrovo come per miracolo sull'accidentato sentiero che percorrono anche le vecchiette del paese, denotando una gran forza di volontà, nonostante acciacchi e reumatismi, nel voler raggiungere la Panaghia.

Dopo forse un'ora di percorso accidentato mi trovo finalmente sulla cresta dove riprendo la strada asfaltata che con qualche tornante scende verso la seconda parte dell'isola, allungata in direzione nord-est. Mi giro indietro per ammirare la cittadina di Fourni, una distesa di piccoli cubi bianchi, alcuni con tetto in coppi color arancione, inserita in una larga conca rivolta verso ovest, verso il poderoso monte Papas, il punto più alto dell'isola di Thymena. Sembra che il paese sia stato sviluppato sul semplice schema urbanistico della città di Mileto, primo esempio di urbanistica moderna nel cinquecento a.C., una maglia a scacchiera organizzata con le strade principali perpendicolari al mare. Ed infatti bene in vista è la linea retta del percorso alberato che collega il porto con la piazza principale del paese, luogo di ritrovo serale della popolazione locale e dei turisti che cercano una alternativa alle taverne sul mare.

Panoramica della spiaggia di Mesachti
Il paese di Fourni

Scendo camminando sull'asfalto cercando di tenermi sul lato verso monte in modo da non essere investito direttamente dalle ventate violente provenienti da nord. Il vento mi si para davanti o di fianco ad ondate improvvise ed imprevedibili, a volte come fosse un vero e proprio muro “morbido” che mi rallenta, mi sbilancia e spesso mi ferma del tutto costringendomi a forzare l'andatura anche se mi trovo su una strada in discesa con quasi il dieci per cento di pendenza.

L'isola è completamente brulla. Le uniche macchie verdi si trovano in posizioni riparate sulle pendici rivolte a sud o in piccole valli coperte da promontori rocciosi. Passo per il punto più stretto dell'isola, quasi un istmo che unisce appena la parte con il paese di Fourni da quella con Chrysomilia. Questo punto è largo poco più di duecentocinquanta metri ed è stato scelto, forse proprio perchè confine fra le due parti dell'isola, per la realizzazione di due discariche di rifiuti. Una è proprio la classica discarica greca, una piattaforma sul mare da cui i rifiuti si riversano in uno stretto canalone costiero, l'altra invece è una moderna, si fa per dire, distesa di immondizia parzialmente ricoperta di terra e teloni da cui ogni tanto compare un filo di fumo per autocombustione e frequentata da corvi e gabbiani. Per lo meno il forte vento che mi soffia contro evita il ristagno di odori molesti, una disgrazia per il camminatore.

In corrispondenza del bivio per il paese di Bali (qui i paesi vengono indicati anche se sono formati da un numero di abitazioni che si contano sulle dita di una mano) il vento trova un percorso privilegiato in cui si incanala prendendo ancora più forza e costringendomi a passare camminando inclinato almeno di trenta gradi prima di lato e poi di fronte per controbilanciare con il mio esiguo peso la forza del muro d'aria che mi si oppone. Un provvidenziale guardrail il acciaio zincato funge da corrimano a cui mi appendo letteralmente per trascinarmi in avanti, verso la meta che mi sono prefissato.

Panoramica della spiaggia di Mesachti
Il paese di Bali

La strada è uno di quei percorsi che non ci si può esimere di percorrere a piedi, nonostante la giornata estremamente ventosa. Scorre dolcemente sinuosa seguendo la conformazione frastagliata dell'isola in un susseguirsi di saliscendi che superano un crescendo di picchi sui due/trecento metri sul livello del mare, camminando spesso sulle creste che li collegano.

Si vede l'abitato di Kamari sulla destra, un piccolo lembo di terra che si estende verso l'isola di Ag.Minas come se volesse tentare di raggiungerla. Ag.Minas è la terza isola per dimensione del piccolo arcipelago ed è completamente disabitata oltre che ancora più bruciata e brulla di Thymena. Sulla sua costa occidentale si scorgono la chiesa omonima su un promontorio e l'unico allevamento di pesci nella baia di Kambi. Volgendo lo sguardo più verso nord si erge dal mare il massiccio montuoso del monte Kerkis, sulla vicina isola di Samos, che con i suoi 1440 metri è il più alto monte delle isole egee.

Panoramica della spiaggia di Mesachti
L'abitato di Kamari che si protende verso Ag.Minas

Panoramica della spiaggia di Mesachti
La punta nord di Ag.Minas

Salendo ancora per girare intorno ai monti Skaphi e Kephalas si attraversa un paesaggio inospitale abitato solo da qualche capra che fa capolino con il muso furbo e cornuto dagli alti costoni scavati sul lato dei monti per la realizzazione della strada. Scarsissima è la frequentazione di questo percorso per cui si cammina tranquillamente sulla corsia di marcia senza preoccuparsi troppo di essere investiti e rivolgendo quindi tutta l'attenzione al mantenimento dell'equilibrio necessario a non essere sbattuti a terra dal vento. Alcuni punti ricordano fotogrammi di film di Altman, spiazzi ghiaiosi su cui sembrano piazzati ad arte un'auto abbandonata, l'onnipresente mercedes, ed un escavatore, contornati da un numero imprecisato di capre accovacciate a terra sotto il sole cocente. La visione di un set cinematografico abbandonato.

Panoramica della spiaggia di Mesachti
Visione lungo la strada assolata

Finalmente, superato l'ultimo monte la strada inizia la discesa verso Chrysomilia, visibile in fondo al golfo, costeggiando le ultime pendici sul lato occidentale. Il sole picchia nonostante il forte vento dia l'impressione di frescura sulla pelle e sono costretto a bagnare più volte il cappello per evitare comunque il surriscaldamento della testa, uno svenimento improvviso su questa strada sperduta significherebbe la fine per disseccamento del corpo prima che qualche turista in motorino possa dare l'allarme per la scoperta, sull'asfalto di una strada di Fourni, di una mummia stranamente vestita in braghette e T-shirt.

Chrysomilia è sviluppata sulle pendici della monte Korakas, la cima più alta dell'isola con i suoi 514 metri, e costituita da una sbrodolata di abitazioni distribuite verso il mare a circa cento metri di altezza. La baia sottostante è tutta un sobbollire di spuma, onde veloci le cui creste sono spezzate dal vento e trasportate oltre le onde stesse, ventagli di vento che compaiono all'improvviso su una certa superficie per spianare quasi il mare, rivolgendosi poi con la stessa subitaneità in altre zone limitrofe o distanti centinaia di metri.

Mi inoltro nel paese costituito quasi esclusivamente di case di abitazione per prendere la direzione del mare su una scalinata impegnativa per la lunghezza ed il numero dei gradini. Attraversato il paese si passa sotto volte alberate di fichi e platani, si scavalla un torrente parzialmente in secca per riprendere il percorso soleggiato che sfocia sul porto dove si trovano alcune costruzioni immerse nel verde. Qui sbocco sulla strada del porto subito alla sinistra di una taverna in cui trovo Massimo, giunto in bicicletta con un'ora di anticipo, già seduto ad un tavolino coperto di pietanze.

La taverna deve essere ben conosciuta sull'isola in quanto ogni tanto giungono nuovi commensali che si mettono a conversare con il titolare, una sorta di pescatore/cuoco dall'aria soddisfatta nonostante gli abiti dimessi ed alquanto datati. Finalmente la tipica taverna greca gestita dal proprietario e dalla moglie coadiuvati da un cucinotto degno di un monolocale ma pronto a sfornare gli energetici piatti locali. Il luogo è completamente diverso dal porto di Fourni dove le tante taverne fronte mare sono costrette, anche loro ormai, all'accalappiamento del turista per raggiungere il numero minimo per il mantenimento delle loro megacucine. Qui a Kambi Chrysomilia, come si chiama il porto, l'atmosfera è differente, più rilassata, ancora legata al lento scorrere dei minuti all'ombra di piante quasi secolari e pergolati artistici che stanno su perchè li sostiene il vento. Il porto è servito dallo stesso piccolo traghetto che fa servizio da Ikaria nonostante scarichi poche persone, più che altro materiali e rifornimenti, durante gli scarsi minuti che la ciurma riesce a tenere lo scafo adiacente al molo tirando sulle cime a forza di braccia.

Il viaggio di andata è durato circa tre ore. Un periodo enorme confrontato ai pochi chilometri percorsi (circa quindici) ma un viaggio vissuto minuto per minuto lottando ogni passo contro un vento costantemente contrario che sembrava esistere solo per mettermi alla prova. La luce potente fa risaltare tutto il paesaggio, schiacciato da un calore che sarebbe insopportabile senza questo vento che invece a lungo andare si fa esso stesso insopportabile. Gli odori invadono il cervello che cerca sempre di tradurli in immagini e termini corrispondenti: odori di macchia, timo, forte sentore di formaggio di capra, poi ancora timo, liquerizia da uno strano fiore giallo che sembra secco, ancora formaggio di capra, terra nelle narici portata dal vento e sabbia in bocca. Tutti sentori e sapori che solo a piedi si riesce a riconoscere per poi ricordare.

Pranziamo con calma alla taverna ombreggiata con vista sull'enorme baia pensando alla fatica che comincia ad invadere le gambe e le articolazioni delle ginocchia. Non sono un gran camminatore come non sono un gran canoista, per cui la mancanza di allenamento comincia a farsi sentire. Non vedo l'ora di riposarmi un'oretta sdraiato da qualche parte per interrompere momentaneamente i pensieri che tornano sempre alla strada del ritorno, la stessa strada ma nello stesso tempo una nuova strada perchè vista da un'altra angolazione.


Il giorno dopo, nonostante le gambe mi siano improvvisamente diventate di legno, convinciamo Nicoletta a fare una bella passeggiata verso la punta sud dell'isola in direzione della spiaggia di Vlychadha, una profonda baia rivolta verso il mare aperto a sud, dove si trovano sparpagliati alcuni scogli e sul cui sfondo si staglia la sagoma dell'isola di Patmos. Dopo trattative durate il tempo della colazione ci accordiamo per prendere l'unico taxi dell'isola all'andata per poi percorrere a piedi i circa sei chilometri del ritorno.

Quale differenza fra i due percorsi. Tanto veloce, comodo il primo, in cui sembrava di assistere al passaggio del panorama costiero come seduti al finestrino di un treno, quanto più intenso, e conquistato con soddisfazione passo dopo passo, il percorso inverso. La spiaggia è una splendida distesa di sabbia e ghiaia sottile completamente riparata dal vento che viene frastagliato e deviato dalle decine di baie, promontori, e valli. Le stesse che danno all'isola la forma di un'ameba trasformandosi nei suoi pseudopodi, quelle estroflessioni che ne permettono il movimento (e, tanto per cambiare, ci troviamo di fronte ancora una volta ad un termine di derivazione greca: pseudopode=falso piede).

Purtroppo la permanenza sulla spiaggia non dura molto. Giusto il tempo di un bagno ed un pranzo con tiropite comprate stamattina ed il luogo comincia a riempirsi di gente, tanto da occupare anche lo spazio prossimo al nostro accampamento di ombrelloni.

Torniamo passando in rassegna le baie della costa occidentale soffermandoci a studiare la baia di Ag.Ioannis o Kasidhis in cui si trovano due spiaggette separate da un promontorio. La spiaggia più lontana dalla strada è occupata da alcune tende che confermano ancora la possibilità di trovare posti sperduti dove poter fare campeggio libero senza essere disturbati né da terra né dal mare.

Panoramica della spiaggia di Mesachti
Punta Makrycavos e la baia di Ag.Ioannis

Una breve deviazione ci porta verso L'abitato di Ag.Ioannis Thermastis, posto sopra una baia, che ci incuriosisce per la posizione panoramica e per la speranza di trovare un bar dove passare uno di quei momenti che in Grecia sono essenziali per gustare l'atmosfera del luogo: la degustazione di un caffe frappè seduti ad un tavolino, all'ombra e con il mare a fare da sfondo alla rilassata conversazione. Il paese invece non offre nulla, non una taverna, non un chiosco, solo alcune abitazioni ed un enorme terreno recintato che racchiude la chiesa ed una fonte. Dall'unica strada del paese vediamo il piccolo molo all'interno della baia, raggiungibile con un sentiero il cui tracciato si riconosce a stento sulle pendici franose della costa. Questo paese è l'ultimo che ci mancava di vedere sull'isola e ci conferma che gli unici due luoghi abitati e con una certa autonomia per l'approvvigionamento sono Fourni e Chrysomilia, gli altri non costituiscono altro che singole abitazioni costruite in prossimità di una chiesa od un piccolo scalo marino.

Riprendiamo il cammino superando l'abitato fantasma di Plaghia e giungendo sul promontorio che separa Fourni da Kambi con il sole che sta calando dietro Thymena scolorando il blu del mare in un abbacinante riflesso bianco.

Panoramica della spiaggia di Mesachti
Thymena al tramonto



 

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FOURNI
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Fourni 2002
Thymena 2012


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