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5 - da Argeliers ad Argens Minervois


6 Agosto - 21 km. - 1 chiusa.

Ci apprestiamo a fare colazione quando ci raggiunge un ragazzo che ci si rivolge in inglese chiedendoci se siamo i proprietari di un kayak.
Immediatamente ci ricordiamo del kayak lasciato ormeggiato tutta la notte, lo raggiungiamo e ci accorgiamo che…non c’e’ piu’.
Il nostro inglese, che poi veniamo a sapere che risiede in un bel barcone, ci dice che l’ha recuperato il mattino presto spiegandoci che si tratta di alcuni ragazzini del luogo che si divertono, nottetempo, a slegare le imbarcazioni ormeggiate sul canale, e che prima o poi riuscira’ a coglierli in castagna.
Passato lo spavento e vedendo che il kayak non ha subito danni, ringraziamo l’amico inglese che ci dice di essere stati molto fortunati a trovarci in un’ansa del canale, altrimenti chissa’ dove sarebbe potuto finire.

Mentre finalmente ci godiamo una spartana colazione, osserviamo il risveglio delle signore sulle house-boats, incaricate da consuetudini ancestrali di preparare la colazione per la famiglia o gli amici.
Si portano in coperta, tutte scarmigliate ed assonnate, guardandosi attorno come per capire dove siano giunte dopo la precedente giornata di lenta navigazione ma soprattutto dopo una probabile nottata passata in scomode cuccette.

Si riparte affrontando il rettilineo che porta a Port la Robine che si presenta con una brutta e rumorosa fabbrica sulla destra e la congiunzione con il Canal de la Robine sulla sinistra che porta a Narbonne, in direzione del mare.
Appena passato il porto sulla destra ed il ponte canale sul fiume la Cesse ci fermiamo a quello che ci appare come un miraggio: una casetta adibita a bar e rivendita di prodotti tipici regionali con servizio igienico e doccia.

Colazione a Port la Robine
Colazione a Port la Robine

Ne approfittiamo subito e cominciando ad ordinare caffe’ in tazza grande, succo di arancia in bottiglia (sembra impossibile trovare un bar che possa preparare una spremuta naturale) e una bomba di pane al miele con uvette, noci e nocciole. Intanto ci alterniamo alla doccia.

Non esistono orari per fare la doccia. Certo preferirei farla alla sera quando si pianta il campo ma purtroppo non ci siamo organizzati con un camper dotato di wc che ci segue costantemente, per cui ogni occasione e’ buona per togliersi di dosso sudore e fatica.

La giornata si preannunciava con un bel vento che faceva cadere le foglie in acqua, quasi un preludio autunnale, poi invece si e’ rivelata piuttosto afosa e, seduti ad un tavolino con ombrellone, indugiamo comodi e rilassati osservando il via vai di barche con turisti stravaccati in coperta che sorseggiano bibite e birre.
Certamente un bel viaggiare, la cui sola idea ci fa scattare in piedi pronti per affrontare un’altra giornata sudatoria ma piena di soddisfazione.

Attraversiamo, poco dopo, il piccolo paese di Somail caratterizzato da alcuni begli edifici tutt’intorno al ponte stradale che passa il canale.

Il ponte di Le Somail
Il ponte di le Somail

Appena dopo il ponte, il paesino esplode in tutta la sua francesita’ con parecchie barche, dai colori piu’ disparati, ormeggiate sulle sponde ed un paio di ristorantini e bar con tavolini disposti sotto gli alberi, in posizione ideale per godersi la frescura delle fronde ed il lento passaggio di strani personaggi sudaticci in kayak.
Peccato aver appena fatto colazione perche’ sarebbe valsa la pena fermarsi un po’ a riflettere davanti ad un paio di panache’ “formidables”.

A Ventenac-en-Minervois, un gran castello sulla destra con una bella cantina di vini ci attrarrebbe moltissimo se solo avessimo un po’ piu’ di spazio in kayak per caricare qualche bottiglia.
Riprendendo a pagaiare ci tiriamo su il morale ripromettendoci di rifare questo tour sul canale…in macchina, possibilmente con una capiente station wagon per assaggiare, degustare ed eventualmente acquistare qualche prodotto di recenti o tardive spremiture.

Superiamo il primo ponte canale costruito in Francia, sul fiume Repudre, per poi fermarci a Paraza, un altro microscopico centro agricolo sul canale.

Passaggio sul ponte canale su le Repudre
Passaggio sul ponte canale su le Repudre

Riusciamo a tirare la canoa in secco, con una fatica pazzesca, su uno scivolo per imbarcazioni, solo dopo avere offerto l’ultimo tozzo di pane rimastoci a due enormi oche da combattimento.
Devo dire che solo grazie alla prontezza di riflessi di Massimo nel lancio del pane abbiamo sventato l’attacco di queste due “bestie” alte un metro e venti centimetri e dal corpo tonico da mastini napoletani. Sarebbe stata una lotta impari contro due poveri canoisti sudati, stremati ed affamati.

Massimo tiene a bada le oche a Paraza
Massimo tiene a bada le oche a Paraza

In effetti mi sono poi reso conto che con il nostro kayak di cinque metri e passa abbiamo occupato tutto lo scivolo in ghiaia dove loro stavano tranquillamente becchettando.

Ci riteniamo fortunati quando, poco distante intravediamo una presa d’acqua molto utile per darsi una sciacquata prima di trovare un posto dove mangiare. Ci avviciniamo e ci rendiamo conto che si tratta di un servizio a pagamento per i fruitori del canale, peccato che sia oltretutto fuori servizio.
Per cui, riposti gli asciugamani, ci incamminiamo in un paese fantasma, dato che si tratta dell’ora di pranzo avanzata, per incocciare in un vespasiano piuttosto malmesso, ma fruibile, ed in un rubinetto funzionante…non a pagamento.

Continuiamo a setacciare il paese strada per strada, la posta, il Municipio, alcune cooperative agricole, la bocciofila e, finalmente, giunti alla periferia del paese, in mezzo a villette in cantiere, villette finite con piscina (acqua invitante, cristallina e fresca, nessuno in vista, quasi quasi un tuffo,…meglio di no) scopriamo l’unico ristorante, o meglio, trattoria in una delle villette ancora in costruzione.

Il luogo e’ stato scoperto anche da alcuni ciclisti e ci ritroviamo subito distribuiti ad alcuni tavolini sotto l’ombra di un bel noce nel giardino della villetta. Due belle birre giganti ci vengono portate dalla ristoratrice piu’ malmessa vista finora, che pero’ non manca di accoglierci con un gran sorriso per mettere subito in mostra un incisivo cresciuto di traverso nella faccia.
Ragionando sulla stranezza della particolarita’ anatomica siamo giunti alla conclusione che potrebbe anche essere stata opera del probabile marito, il cuoco, che ogni tanto fa capolino dalla cucina mostrandosi come il fratello piu’ brutto dell’acerrimo nemico di Braccio di Ferro.
Ripresoci dalla conoscenza dei nostri osti e ormai in preda a rumori di stomaci vuoti che si contorcono, cominciamo ad ordinare un buon pranzetto riempitivo.

Tornati al kayak ci abbiocchiamo qualche minuto all’ombra degli alberi sul lungofiume.
Mentre attendiamo di passare la prima chiusa della giornata, mi accorgo che c’e’ qualcosa che non va sulla linea d’acqua alla sinistra del kayak. Osservo meglio e, con orrore, scopro una scucitura di circa 70/80 centimetri lungo la parte mediana del lato sinistro.
Per spiegarsi meglio, il kayak Klepper ha una “pelle” di cotone e tessuto gommato cuciti insieme e tenuti in tensione sullo scheletro in legno da due tubolari interni gonfiabili. Le cuciture sono poi trattate in modo che non filtri acqua, pero’…non sono trattate contro l’usura del tempo, e credo che il nostro kayak di tempo ne abbia passato gia’ parecchio.
In pratica filtra un po’ d’acqua, ma il peggio e’ che il gonfiabile laterale sinistro, che serve a tendere la “pelle del kayak, si trova quasi tutto all’esterno, con il relativo pericolo di raschiare sulle rive e sulle banchine delle chiuse.

Con poca cautela, ormai il danno e’ fatto, ci dirigiamo al primo punto utile per piantare il campo, anche se l’ora ci permetterebbe di continuare ancora un po’, il porto di Argens-Minervois.
Qui scarichiamo tutto dal kayak, lo smontiamo a meta’ ed inizio a ricucire la parte che si e’ aperta.

L'intervento sul kayak smontato ad Argens Minervois
L'intervento sul kayak smontato ad Argens Minervois

Apro una parentesi sulla precedente esperienza di ricucitura del kayak in questione.
Quando lo abbiamo comprato, di seconda mano, ed abbiamo deciso di intraprendere questo viaggetto, abbiamo cominciato a dotarlo di alcuni anelli e fascette sulla coperta in cotone per attaccare ragni elastici, pagaie di scorta ed altro bagaglio.

Cucire una tela di cotone spessa e decisamente datata, con un grosso ago da cucito, si e’ rivelata un’esperienza piuttosto difficile. Oltretutto mi ci sono voluti molti giorni di lavoro per capire quanto fosse utile una piccola pinza per catturare l’ago, spingerlo e tirarlo attraverso la dura “pelle” del kayak. Mi e’ venuta l’idea della pinza una sera davanti allo specchio mentre mi lavavo i denti. Mi sono risciacquato la bocca e mi sono fatto un gran sorriso per darmi del bravo lupo di…meglio, del bravo stupidotto quando mi sono accorto delle due fessure che l’ago aveva creato sui due incisivi durante le ore trascorse a tirarlo fuori dalla tela con i denti.
Guardando meglio, le due fessure sono ancora il meno, quello che mi ha preoccupato di piu’ sono le due crepe che da queste si lanciavano verso le radici dei denti, quasi a spaccarli in due (rischio peraltro allontanato dalle osservazioni piuttosto ottimistiche del dentista).

Quindi, la pinza. Ho dimenticato la pinza! Non ho certo voglia di ricominciare a demolirmi gli incisivi per cui chiedo a Massimo, sempre attrezzatissimo, se per caso non ha portato anche una piccola pinza.
“Certo che ce l’ho!” ed apre il coltellino svizzero milleusi sfoderando una bellissima micropinza da chirurgo vascolare con la quale stento a tenere in mano l’ago.
Rinnovo le congratulazioni per il completo armamentario gentilmente prestatomi ma gli chiedo di vedere se in porto esiste un meccanico dotato di piccola pinza (come si dira’ poi in francese?).
Mentre faccio mentalmente il conto del tempo che perdero’ a ricucire l’armamentario galleggiante (poi sara’ un totale di circa quattro ore, due prima di cena e due dopo cena al lume di candela e torcia elettrica, con un ago rotto ed un pollice bucato) Massimo torna esultante con la pinza delle giuste dimensioni per iniziare il lavoro.
Durante le prime due ore di lavoro, Massimo si occupa di piantare il campo all’ombra di due enormi alberi e fa un giro in cerca della riserva d’acqua.

Il campo ad Argens Minervois
Il campo ad Argens Minervois

All’ora di cena ci serviamo dei comodi servizi del porto e facciamo una scappata nel centro del paese, che vediamo poche centinaia di metri oltre il porto, per trovare un posto dove mangiare.
Come spesso ci e’ capitato, il paese non offre nulla di aperto, pur avendo un piccolo centro storico molto interessante, abbarbicato con stradine tortuose su un colle con un bell’edificio religioso fortificato in forte abbandono.

Scendiamo a costeggiare il canale e troviamo finalmente un posto con quattro tavolini, un baracchino con la cucina nel retro e due improvvisate ostesse che si fanno anch’esse in quattro per servire il piccolo ristorante tutto esaurito.
Certo, tutto esaurito e’ una parola un po’ grossa per pochi tavolini, pero’ e’ interessante il risultato di questo affollamento che sta nel poter osservare, nelle lunghe pause tra un piatto e l’altro, la differente fauna del luogo.
Famiglie ben vestite, che meglio si adatterebbero ad un locale piu’ elegante con luci soffuse e sommelier, famiglie in canottiera e ciabatte, che sembra si siano dovute adattare al ristorantino dopo aver perso il loro completo da pic-nic, niente ragazze da osservare e, naturalmente in Francia,…musica cubana!

A ben osservare, il Canal du Midi, forse per la lentezza del suo scorrere, per la dolcezza dei paesaggi collinari, per la malinconica presenza di potenti architetture religiose una volta dominanti, poche sono le compagnie giovanili. Sembra un posto fatto per coppie stagionate, famiglie con annoiati figli di un’eta’ ancora non pronta ad iniziare vacanze di scoperta e di liberta’, vecchi lupi di canale solitari o in coppia con altrettante rudi vecchie signore (questi ultimi spesso su quegli splendidi barconi/chiatta modello olandese).

Tornati al campo per la notte riflettiamo sui motivi del problema successo al kayak per giungere ad elencare una serie di concause quali l’eta’ avanzata (ma non sappiamo di quanto) del materiale, quindi delle cuciture, i potenti strattoni a cui sottoponiamo giornalmente, e piu’ volte al giorno, il kayak per sollevarlo con tutto il carico sulle rive del canale, l’over inflating del gonfiabile laterale lasciato al sole cocente per qualche ora.
Esausti per il cucito e per la musica cubana, ci addormentiamo.


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