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9 - da Pexiora a Port Lauragais


10 Agosto - 23 km. - 14 chiuse.

Una volta svegli ed appena finito di fare i bagagli, ci accodiamo ad una imbarcazione per riuscire ad entrare nella serie infinita di chiuse che ci aspetta in questa giornata.

Campo di Pexiora al mattino
Campo di Pexiora al mattino

Riusciamo a passare le prime due, quando, alla terza, un buzzurrone in pantaloncini e maglietta di peletti ricci ci “intima”, ad alta voce, di non passare piu’ per le chiuse perche’ pericoloso.
Pericoloso?! Dopo essere passati indenni attraversando e trasbordando qualcosa come quasi quaranta chiuse, dove il pericolo maggiore e’ consistito nell’evitare di cadere dentro alle stesse mentre si camminava sul bordo con due occhi rivolti verso alcune carine eclusieres, mi si viene a dire che e’ pericoloso entrare in una chiusa con un kayak di cinque metri e passa che piu’ stabile di cosi’ puo’ esserlo solo una canoa polinesiana con bilanciere?

Chiediamo gentilmente spiegazioni, senza scomporci piu’ di tanto, e particolari sul tipo di pericolosita’ ricevendo una breve e telegrafica risposta: “e’ regolamento”.
Allora non si discute. Quando chi deve fare osservare un regolamento e’ cosi’ gnocco da non voler cercare gentilmente di spiegare le cose, non c’e’ niente da fare.
Siamo passati in alcune chiuse dove addirittura l’eclusier segnalava al collega piu’ avanti di fare passare la canoa italiana, come definita in codice “la canoe italienne”.

Cosi’ ci troviamo obbligati a trasbordare le prossime chiuse. Percorriamo addirittura a piedi, con kayak sul carrello, la piu’ corta distanza fra due chiuse, circa cinquecento metri, per evitare la fatica di rimettere in acqua il kayak per pochi minuti.

Ora il canale cambia aspetto e ci presenta la riva di destra notevolmente sopraelevata di almeno cinque metri. Oltre la fila di alberi scorre la strada e notiamo ad un certo punto un baretto a lato strada ricordandoci immediatamente di avere fatto colazione solo con una barretta energetica.
Ci fiondiamo sull’altra riva per rimpinzarci finalmente con due baguette farcite e due belle lattine di birra da mezzo litro.

Era dall’inizio del viaggio che pregustavo di fermarmi in un posticino del genere (niente di speciale, un bancone con parecchi panini, bibite, birre ed alcune rustiche panche poste sotto due ombrelloni) lungo il canale per mangiare la classica baguette ripiena croccante e lunghissima.

Finalmente si pranza con baguette farcite
Finalmente si pranza con baguette farcite

Oltretutto il baretto e’ gestito da quattro ragazze bellocce! e dal loro capo, una persona equivoca con catena al collo ed orecchino (tanto che mi sembra una attivita’ diurna di copertura per altra mercanzia, peraltro ben esposta!).

A proposito, per chiudere il discorso precedente, il tipo che ci ha intimato di trasbordare alle chiuse ci ha seguito a piedi per due chiuse per verificare se effettivamente obbedivamo ai suoi ordini. Pazzesco! E chi controlla intanto gli altri mille canoisti che, approfittando di cio’, passano attraverso le altre decine di chiuse che il nostro irrequieto controllore non puo’ controllare? Anche in Francia, anche in vacanza, si possono incontrare i burocrati piu’ biechi e rognosi.

La chiusa di Castelnaudary (la quadrupla di Saint Roch) e’ la piu’ alta del canale, dopo quelle di Foncerannes, con i suoi 9,42 metri di dislivello per raggiungere il grosso bacino della citta’ che ne costituisce la riserva idrica.

Il bacino di Castelnaudary
Il bacino di Castelnaudary

L’abitato non si sviluppa sul bacino, che ha soltanto servizi portuali, ma su un leggero rilievo dove si vede la cattedrale di Saint-Michel.

La cattedrale di Saint Michel a Castelnaudary
La cattedrale di Saint Michel a Castelnaudary

Dopo una visita alla cattedrale ci fermiamo a mangiare in un locale dove abbiamo inaspettatamente incontrato la famiglia di tedeschi con cui, giorni fa, abbiamo percorso alcune chiuse.

Devo spiegare.
Qualche giorno addietro ci capito’ di percorrere alcuni tratti in compagnia di una house boat affittata da tedeschi, genitori con due figlie adolescenti.
Capita che, essendo la chiuse abbastanza frequenti e vicine, quando la barca esce da queste ci lascia indietro di qualche decina di metri fino alla chiusa seguente dove, perdendo un po’ di tempo fra attesa e manovre di attracco, riusciamo a rangiungerla. E questo succede per un numero imprecisato di volte.

Sta di fatto che si instaura un rapporto di buon vicinato di viaggio fra il capofamiglia e i due stravolti italiani.
Inoltre, mentre all’inizio le ragazzine sembravano infastidite e per nulla incuriosite da questi due sfigati che hanno deciso di passare le vacanze in un modo cosi’ trucido, pian piano (forse impietosite dalla fatica che esprimiamo inconsciamente da tutti i pori) ci salutano e sorridono ogni volta che riusciamo a raggiungere la barca.

Bene, giungiamo a Castelnaudary dopo averli seminati il giorno prima potendo trasbordare alcune chiuse giunte all’orario di chiusura, e…chi ti troviamo in paese al nostro stesso bar? Loro! Felici e contenti di vederci. Scambiamo un paio di grugniti di contentezza per l’incontro e salutiamo alzandoci per finire il giro turistico del paese.
Come se non bastasse, tornando al porto canale, costeggiamo la banchina ed incappiamo ancora nella teutonica famigliola, intenta a riposarsi in coperta. Salutandoci ancora apprendiamo che sono giunti al punto di dover tornare indietro. Vacanze finite.

Noi invece riprendiamo la navigazione cominciando un percorso ad ostacoli, dove ogni chiusa ci obblighera’ a faticosi trasbordi.
Facciamo una sosta al Col de Naurouze, il punto in cui Riquet, il creatore di questa opera fluviale, ha scoperto essere l’ideale per dare forma al Canale, per fornirgli piu’ che altro la quantita’ d’acqua necessaria.

Ci troviamo nel punto piu’ alto di tutto il percorso del Canal du Midi (189 metri s.l.m.), il punto di origine da cui fluisce l’acqua nelle due direzioni: l’Oceano a ovest attraversando la chiusa de l’Ocean ed il Mar Mediterraneo ad est attraverso la chiusa de la Mediterranee.
La quantita’ d’acqua necessaria viene dal bacino di Saint Ferreol, realizzato come vaso regolatore delle acque del canale.
Riquet realizzo’ un canaletto per portare le acque nel Canale, facendogli fare uno scenografico percorso circolare intorno ad un parco diviso in due da una strada pedonale fiancheggiata da due filari di platani piantati nel 1809.

Il viale alberato a Naurouze
Il viale alberato a Naurouze

Poco distante si trova l’obelisco intitolato al realizzatore dell’opera, ubicato su un rilievo da cui la vista spazia sulle campagne intorno.

La stele dedicata a Riquet
La stele dedicata a Riquet

Terminato il nostro giro turistico a piedi, riprendiamo il kayak per raggiungere Port Lauragais, una imponente struttura con bar, ristorante, albergo ed esposizione permanente sulla storia del Canal du Midi (ormai chiusa), dove decidiamo di campeggiare.

Il porto e’ un bacino di forma rotonda con al centro l’edificio ristorante e bar su struttura a palafitte, con una serie di terrazzi sull’acqua dove poter mangiare, da un lato le banchine per gli ormeggi a pagamento per le imbarcazioni e, di fronte alle vetrate del bar alcune belle sponde erbose su cui piantiamo le tende.

Campo a Port Lauragais
Campo a Port Lauragais

Sbarchiamo, organizziamo il campo e ci fiondiamo a cercare una doccia. Dopo aver girato in lungo ed in largo le strutture del porto, ci rendiamo conto che, non solo non esiste una doccia pubblica, ma che dobbiamo accontentarci dei lavandini dei servizi igienici per sciacquarci un minimo.

Ci accorgiamo poi che il posto e’ raggiungibile direttamente dall’autostrada, che i servizi che stiamo utilizzando altro non sono che quelli di una piazzola autostradale, con relativo via vai di automobili, famigliole e brutti ceffi. Ci viene un brutto presentimento a dormire in tenda nelle vicinanze!

Pronti per cenare, ci viene la brillante idea di non utilizzare la bella struttura, architettonicamente invitante , che abbiamo di fronte, ma di andare a cercare qualcosa di piu’ caratteristico nel vicino paese di Avignonet Lauragais, per niente scoraggiati dalle precedenti esperienze di ricerca di ristoranti nei piccoli paesi della campagna francese.

Anche questa volta prendiamo una stradina asfaltata che ci conduce fra campi di stoppie e girasoli.
Cosi’, con una splendida luna che ci accompagna (eh si! Oltretutto si e’ fatto anche un po’ tardi), ci facciamo i nostri due o tre chilometri a piedi per giungere nel solito bellissimo paesino disabitato, delicatamente arroccato su un rilievo, con una ben illuminata chiesa, un’imponente torre campanaria, ma naturalmente privo di qualsivoglia bar, trattoria o ristorante.

Ci vediamo costretti quindi a tornare al porto per rifugiarci nel freddo ristorante, in quanto la tavola calda che avremmo preferito e’ ormai chiusa.
Solo al momento di ordinare ci rendiamo conto dell’ora tarda e del fatto che stiamo per essere gli ultimi clienti, per cui ci vediamo costretti, quasi, dagli inservienti pronti ad iniziare la pulizia serale dei locali, ad ordinare, mangiare ed andarcene a dormire.

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